Un mare di sabbia di una bellezza sconvolgente, un luogo che ti penetra l’anima, come solo il deserto può fare. E’ il Tassili n’Ajjer, il vasto altopiano nel sud-est dell’Algeria ai confini della Libia, Niger e Mali, che copre una superficie di 72.000 Kmq. Qui il Sahara è custode di un tesoro d’arte rupestre che comprende 15.000 tra disegni, incisioni e pitture che per il suo valore universale è annoverato tra i siti patrimonio Unesco.
Un museo en plein air che racconta il processo dei cambiamenti climatici, della fauna e della vita umana. Ma l’incisione tra tutte, la più spettacolare, sicuramente la più bella del mondo, quella che da sola vale il viaggio, è la “vache qui pleure”, la vacca che piange. Un gruppo di vacche, di razza zebù, che pascolavano nella zona si recarono alla loro solita pozza per bere, ma a causa della siccità, la trovarono drammaticamente asciutta.
Le povere bestie disperate piansero consce della loro fine. La storia che racconta la guida, assolutamente indispensabile per localizzare il sito, è già di per sé triste l’artista, 7000 anni orsono, stilizzando la scena che ha affidato alla roccia, con pochi tratti, precisi e puliti esprime più delle parole tutta la tragicità dell’evento e del suo significato.
L’opera che mette in evidenza un evoluzione in atto e che gli scienziati algerini chiamano Tigharghart rappresenta simbolicamente il processo inesorabile di desertificazione iniziato 140.000 fà . Chi ha la fortuna di poterla vedere gli verrebbe da pensare che la modernità delle figure potrebbero essere uscite dalle mani di un autore contemporaneo, magari Picasso. Forse un giorno è passato da lì e ha voluto lasciare un omaggio al deserto, chissà!
Ma al di là di tutto c’è solo una cosa da fare, vivere l’emozione. Silenziosamente sedersi sul tappeto sabbioso come si fa in museo davanti ai quadri d’autore e ammirarla. Omaggiare con un pensiero la grande sensibilità dello scultore, mentre un vento leggero e caldo ti accarezza e ti asciuga le guance. Clelia Nocchi