Nella lunga catena delle Alpi ci sono delle porte di comunicazione che mettono in relazione i popoli del nord con quelli del sud. Il valico del Gran San Bernardo è una di queste porte, una delle più conosciute fin dall’antichità e per lungo tempo anche la più importante. Il suo primo nome noto in epoca romana fu quello di “Signore degli dei” Monte di Jupiter (monte di Giove). Contemporaneamente e forse anche anteriormente veniva denominato Mons Penninus.
L’origine è da collegare al nome gallico “Penn” con il quale si solevano indicare le sommità. L’attuale appellativo finì con l’imporsi verso il dodicesimo o tredicesimo secolo. Nel tempo il colle ha visto il passaggio di numerosi personaggi famosi, da Annibale ai Galli di Brenno, numerosi i condottieri romani e imperatori e poi il re dei Franchi Carlo Magno al ritorno dalla sua incoronazione da Milano e tanti altri ancora.
Ma il passaggio più spettacolare rimane quello di Napoleone con la sua armata di 40.000 uomini e 5000 cavalli. Situato a 2472 metri di altitudine nelle Alpi Pennine, tra l’Italia e la Svizzera, a 34 km da Aosta e 44 km da Martigny, è dominato a nord dalla Chenallettez, a sud dal Mont Mort, ad ovest dal Pain de Sucre. La zona, a causa della sua posizione battuta da forti venti durante l’inverno, può raggiungere anche i meno 30 gradi con cadute di neve annuali pari a 20 metri. Nell’anno 1035, per opera di San Bernardo di Aosta, si costruì sul Colle un ospizio ancora oggi gestito dai canonici agostiniani con lo scopo di dare alloggio e assistenza ai numerosi viaggiatori, tra i quali anche pellegrini che percorrevano il tracciato della Via Francigena.
L’ospitalità fu la prima ragione d’essere del ricovero, quasi mille anni dedicati all’accoglienza tenendo fede alla regola dell’assoluta gratuità. L’alloggio e il vitto erano assicurati a tutti i passanti di ogni ceto e origine, siano stati essi pellegrini, o poveri diavoli in cerca di lavoro. Nei registri emergono cifre raggiunte in alcuni anni che rendono bene l’idea della grande opera di carità prestata come nell’anno 1817 quando furono distribuiti 34.863 pasti, che lascia supporre un passaggio di circa 20.000 persone. Il servizio di salvataggio e assistenza avveniva specialmente in inverno, prima dell’istallazione del telefono, cosa che avvenne ai primi novecento, effettuato dai i Marronniers. I predecessori delle attuali guide, che ogni mattina accompagnati da un cane addestrato discendevano verso il rifugio Hospitalet con provviste per ristorare coloro che incontravano.
Esisteva una sorta di passa parola, un accordo tra guide e viaggiatori di trovarsi ad una ora prestabilita presso la capanna, e nel caso che nessuno si presentasse, le provviste venivano lasciate in un nascondiglio all’interno del rifugio, una modalità detta “faire la tourneè” ovvero fare il viaggio. Dal versante italiano il soccorso, decaduto nel 1927, era affidato ai ben noti “soldati della neve”. Nonostante gli aiuti lungo l’impervio percorso, le vittime, anche tra i soccorritori, non erano rare. Tormente, fame, sete, freddo e valanghe erano i pericoli più ricorrenti. I preziosi aiutanti a quattro zampe dei Marroniers erano i famosi cani San Bernardo.
L’origine della loro razza è misteriosa, forse un incrocio di cani della zona con Mastini, Terranova o Danesi. Certo è che i monaci ne erano in possesso già dal 1700 e grazie al loro importante servizio in montagna hanno contribuito a rendere famoso l’ospizio e la sua missione, con cui nell’immaginario collettivo sono legati indissolubilmente. Dotati di grande fiuto, riuscivano ad individuare anche ad una certa profondità le tracce della vecchia pista dalla quale sarebbe stato molto pericoloso allontanarsi. Inoltre tracciavano il sentiero sul manto nevoso facilitando lo spostamento e riuscivano a scoprire dopo la caduta delle valanghe le persone sepolte o quelle smarrite in caso di nebbia.
Un nome simbolo di questi eroi della montagna a quattro zampe è Barry, Barry I°. In servizio per circa 12 anni ha terminato i suoi giorni nel 1814. Imbalsamato, riposa nel museo di storia naturale di Berna. In suo onore, la fondazione proprietaria dal 2005 del più antico allevamento del mondo del cane nazionale svizzero che porta il suo nome si occupa di portare avanti la tradizione dell’allevamento più che tricentenario nel luogo d’origine dei San Bernardo e di preservare la particolare varietà dei cani dell’ospizio. Si perpetua ad inizio d’autunno una tradizione plurisecolare. Saliti a giugno al canile dell’Ospizio del Gran San Bernardo per trascorrere l’estate al fresco d’altura e per dare a tutti la possibilità di vederli e accarezzali e ricordare il loro valoroso passato. I cani della Fondazione Barry a fine settembre torneranno a soggiornare a Martigny; la “Desalpa”, così si chiama la cerimonia, è uno spettacolo festoso che attrae ogni anno centinaia di visitatori.
Durante l’inverno il passo rimane chiuso alla circolazione ed è attivo solo l’ospizio come rifugio che viene rifornito di viveri periodicamente mediante elicottero rimanendo l’unico punto di riferimento per i nuovi “viandanti”. Ultimamente si sta diffondendo anche un turismo invernale tra gli amanti dello sci alpinistico. Molto gettonato è il capodanno che pare abbia lunghe liste di attesa. Il percorso tra Italia e Svizzera riapre ai primi di giugno con una bella festa . La strada viene sgombrata totalmente dalla neve e dal ghiaccio con l’intervento di mezzi spazzaneve da ambo i versanti, a lavori finiti una stretta di mano fra i sindaci rinnova il patto di amicizia tra i due Stati. Da sempre questo luogo ha avuto un fascino irresistibile tra coloro che assistono a questa cerimonia, alcuni attraversano per primi il valico, una sorta di rito ben augurale a cui sempre più persone vogliono partecipare! Clelia Nocchi
hospice@gsbernard.com – http://www.gsbernard.com tel + 41277871236
info@aubergehospice.ch – http://www.aubergehospice.ch tel+41277871153
Fondazione Barry du Grand- San- Bernard / Rue du levant 34, 1920 Martigny
http://www.fondation-barry.ch