
Nel nord dell’India, nello stato Uttarakhand, attraversato dalla catena Himalayana, sorge sulla riva destra del Sacro Gange la cittadina di Rishikesh, conosciuta al mondo come capitale dello Yoga. Si accede attraverso i due ponti pedonali sospesi sul fiume, che rappresentano quasi la via ideale per entrare in quell’atmosfera eterea. Pregna di colori e di odori di cui l’India è così generosa.
E’ stata una mèta abituale, dalla fine degli anni ‘50 di pellegrini induisti, hippy e turisti occidentali che intraprendevano o perfezionavano il loro viaggio spirituale nei numerosi Ashram. Fu però nel 1968 dopo la visita dei celeberrimi Beatles, che il faro della fama si soffermò su di essa, portandola alle luci della ribalta e trascinandola verso una notorietà che dura tutt’oggi.

I Fab Four dopo aver partecipato ad un seminario in Galles, organizzato dal Maharishi Mahesh Yogi, fondatore della meditazione trascendentale profonda, decisero di seguire il guru presso il suo centro meditativo accompagnati da fidanzate, mogli e un nugolo di amici. In verità fu George Harrison che fece da trascinatore verso quella esperienza, innamoratosi per primo della musica e indiana. Il luogo era alla periferia di Rishikesh, conosciuto come ‘Chaurasi Kutia’, in una posizione semi nascosta a ridosso della Rajaji Tiger Reserve.

Un’oasi sufficientemente confortevole per visitatori privilegiati dall’atmosfera mistica e immateriale. Un’ area estremamente silenziosa disturbata solo dai ruggiti notturni delle tigri che si aggiravano nella foresta, come fu raccontato in un’intervista al quartetto dai giornalisti del tempo. Le loro cinque settimane di permanenza furono un periodo di raccoglimento e introspezione ma anche di creatività musicale. A detta di molti, forse la fase più produttiva della loro carriera.

Qualsiasi sia il motivo per cui si visiti Rishikesh, vale la pena arrivare fino a quel singolare e isolato rifugio. Dopo anni di completo abbandono è stato da poco sottoposto ad opera conservativa per renderlo visitabile. Seguendo quella nuova visione architettonica che si esprime mediante la salvaguardia di quel che rimane per proteggerne la storia. Piuttosto che il ripristino dello stato al momento della nascita. I vialetti, le particolari ed estrose costruzioni, le grandi stanze comuni con i muri ricoperti dai numerosi murales, ci fanno respirare la vita dei discepoli che assaporavano la pace e l’amore universale.

E’ un ambiente sicuramente di grande energia, uno di quelli che ti infonde benessere. Cantavano i ragazzi di Liverpool “all you need is love” tutto ciò di cui hai bisogno è l’amore, quale posto migliore se non nelle braccia della grande madre India?
Clelia Nocchi