Colori della Bolivia – Bolivia e Cile
Diario di viaggio 16 agosto – 6 settembre 2011
Chi è appassionato di viaggi in fuoristrada, chi ama l’avventura, i luoghi inaccessibili e le meraviglie della natura, non può certo farsi mancare la Bolivia, una mèta ancora poco conosciuta e visitata che offre paesaggi straordinari e incontaminati, un paese grande tre volte l’Italia con solo otto milioni di abitanti, che rappresenta il cuore geografico del Sud America. La Bolivia può anche essere chiamata il “Tibet dell’America del sud” di cui ne condivide l’altitudine, gli altopiani desertici, gli stessi visi cotti dal sole dei suoi abitanti.
Il viaggio di 20 giorni organizzato da Colori di sabbia (www.coloridisabbia.net) va alla scoperta dei maggiori punti di interesse del paese ed è senz’altro un itinerario da togliere il fiato non solo per le bellezze naturali ma anche perchè si viaggia a quote tra i 2500 e i 5000 metri di altitudine.
Giungiamo all’aeroporto di La Paz che vanta il titolo di aeroporto più alto del mondo, infatti con i suoi 4100 metri di altitudine sorge nella città satellite di El Alto, nata spontaneamente negli anni ’50, ora città autonoma che conta ben 800.000 abitanti. La cordigliera Real con le cime innevate dell’Illimani e del Saimara gli fanno da cornice. Il 20 ottobre 1548 con il nome di Ciudad de Nuestra Senora de la Paz, da Alonso Mendoza fu fondata quella che è oggi la capitale della Bolivia, La Paz, un pò indigena, un pò coloniale, una città di contrasti con moderni grattacieli, con mercati colorati, le venditrici di strada con le voluminose gonne, le polleras, e l’immancabile “bombin”, il cappello inclinato sul capo che sembra debba cadere da un momento all’altro, piccolo com’è rispetto la circonferenza della testa. Un connubio di moderno e tradizionale che rendono la capitale più alta del mondo così diversa dalle altre città dell’America latina. Costruita come un imbuto, con le sue stradine che si snodano in salita e in discesa dal letto del Rio Choqueyapu una volta ricco d’oro, non ha perso l’atmosfera magica di quando vivevano qui le genti Ayamarà che la chiamavano appunto “città della valle d’oro”.
Il nostro viaggio comincia da qui, dopo aver ritirato dal noleggiatore le auto fuoristrada, due Mitsubishi L200 pick up in ottime condizioni, partiamo verso sud in direzione di Oruro seguendo la strada statale 1 e successivamente deviamo verso est per raggiungere Inka-Rakay; le sue rovine oggi sono ridotte a mura diroccate di pietra. Visitiamo il sito che conserva alcuni resti di edifici imponenti e una grande piazza centrale, poi proseguiamo per Cochabamba, città dinamica e attiva che possiede una sorprendente vitalità. Le origini del suo nome derivano da “khocha pampa” che significa pianura paludosa. Questa città non ha grandi motivi d’interesse da offrire al visitatore ma seduce per la sua atmosfera da vecchi tempi, per le sue stradine quasi deserte e sterrate. L’itinerario prosegue sulla strada statale per Santa Cruz, ma dopo pochi chilometri deviamo verso sud su una pista panoramica che attraversa la Cordillera Central fino a giungere a Sucre, soprannominata la “ciudad blanca”, una splendida città, antica capitale del paese, fondata dagli spagnoli nella prima metà del 16° secolo.
Qui si possono osservare numerose chiese ed edifici religiosi con una mescolanza di tradizioni archietettoniche locali con stili importati anche dall’Europa. Dopo la visita di una intera giornata a questa interessante città siamo già pronti per rimetterci in marcia, per proseguire il nostro viaggio che ora ci offrirà gli splendidi paesaggi della Bolivia più autentica e selvaggia. Ma prima di raggiungere il Salar de Uyuni e gli altri luoghi, abbiamo ancora davanti a noi la visita di un’altra città non meno interessante. Parliamo di Potosi, la cui storia è strettamente legata alla sua miniera d’argento e grazie alla quale divenne il centro più grande e ricco delle Americhe.
Potosi è comparsa dal nulla ai piedi del Cerro Rico, agli albori dell’epoca coloniale, ed in seguito alla scoperta di ricchi filoni d’argento celati nella profondità della montagna ha raggiunto l’apogeo intorno al XVII° secolo. In seguito lo sfruttamento dell’argento è stato sostituito da quello dello stagno, ma nei tre secoli di sfruttamento intensivo si calcola che le miniere di Cerro Ricco abbiano causato la morte di otto milioni di schiavi indios e africani. All’interno dei pozzi si registrano temperature che da sotto zero, in prossimità della superficie, giungono a superare i quarantacinque gradi dei livelli più profondi. I lineamenti bruni degli indios quachua sono deformati dal perenne bolo di foglie di coca che anestetizza la gola e ottunde i sensi. L’età minima per lavorare è di quattordici anni ed il mestiere è custodito gelosamente e tramandato di padre in figlio. Nessuna misura di sicurezza, nessun piano d’emergenza.
Lasciamo questa città e ci dirigiamo ad ovest per raggiungere Uyuni, piccola cittadina ai margini dell’omonimo salar, e da qui proseguiamo verso nord fino a Colchani dove troviamo un luogo insolito ad ospitarci; in pieno deserto troviamo un albergo interamente costruito in sale, alimentato da un gruppo elettrogeno, che accoglie i viaggiatori attirati dall’originalità della sua struttura e della situazione geografica. Prima di cena scendiamo nel salar con le nostre auto per scoprire la straordinaria bellezza di questo luogo con la luce di un tramonto irripetibile. La sera chiediamo informazioni sulla capacità che ha la crosta di sale di sopportare il peso dei pesanti fuoristrada duarnte l’attraversamento.
Il Salar de Uyuni è una estensione immensa di sale che si trova a 3660 metri di altitudine, al limite di una regione semi-desertica con panorami surreali ed alquanto rari, molto ricchi di colore. Questo salar è il più grande deserto di sale del pianeta ed è una delle meraviglie più incredibili che la natura possa offrirci. Le uniche cose che spezzano questo panorama perpetuo possono essere i lavoratori che si dedicano all’estrazione del sale, l’unica fonte di guadagno per la popolazione locale. I metodi rimangono molto arcaici utilizzando semplici attrezzi come delle pale ed alcuni autocarri per il trasporto. La resistenza di questi uomini stupisce perchè si espongono continuamente al riverbero del sole e si possono osservare le profonde scottature sulla loro pelle. Come sempre accade in questi paesi, il tutto per pochi dollari al giorno.
Al mattino si parte, i mezzi penetrano nel salar, la nozione dell’orientamento si perde facilmente ma il nostro navigatore satellitare GPS ci aiuta a mantenere la giusta direzione; finalmente appare all’orizzonte della terra, una delle due isole presenti in questo oceano di sale. E’ l’Isla Incahuasi, e dopo aver lasciato le auto ai suoi margini, camminiamo sulle sue pendici dove possiamo osservare una quantità infinita di cactus enormi, alcuni dei quali con dimensioni superiori ai 15 metri di altezza. La direzione del nostro itineraio è ora verso sud e giungiamo a San Juan, un piccolo villaggio con le case fatte di terra situato a circa 4000 metri di altitudine. Le condizioni dell’alloggio che ci ospita sono molto spartane ma dal costo davvero irrisorio. Intorno a noi una presenza piacevole e inaspettata, una quantità notevole di lama che però si mostrano un pò infastiditi dalla nostra presenza, ma si lasciano ugualmente fotografare.
Sveglia alle prime luci dell’alba, oggi la direzione dell’itinerario è sempre verso sud attraverso montagne innevate a quote superiori ai 4000 metri. Il paesaggio è indescribile per la bellezza e soprattutto per quella pace che si avverte durante il percorso. Osserviamo numerosi laghetti dai colori irreali, veri serbatoi di cibo per migliaia di uccelli. La vegetazione a questa altitudine diventa minuscola, pare di trovarsi in una coltivazione sterminata di bonsai. Ci stiamo avvicinando, l’emozione cresce, tra poche ore raggiungeremo un luogo unico sul pianeta, la laguna più famosa della Bolivia e direi dell’America del sud, ovvero la Laguna Colorada, circondata da colline e piccole montagne. I suoi colori sono impareggiabili ed è proprio in questo luogo indimenticabile, dove il vento sembra sferzarci ad ogni folata, che la temperatura può raggiungere qualche volta 20 gradi sotto lo zero. Il tempo scorre veloce mentre percorriamo una stretta pista che la circonda, gli scatti forografici sono innumerevoli, il desiderio di restare il più a lungo possibile prevale la nostra mente, il nostro cuore.
E poi ci sono fenicotteri in grande quantità che sorvolano le acque della laguna, altri che rimangono immobili e con il loro becco cercano qualche minuscolo pesce o crostaceo per alimentarsi. Proseguiamo ancora a sud in direzione del confine con il Cile ma ora è un’altra laguna ad obbligarci ad una sosta fotografica; la laguna Verde, anche se non affascinante quanto la Colorada, è di sicuro un luogo straordinario soprattutto perchè sulle sue acque si riflette il vulcano di oltre 6000 metri che svetta poco distante, ovvero il Licancabur. Ci troviamo a 4300 metri di altitudini e si sente! Notte fredda in un piccolo hotel con semplici camere non riscaldate, ma al mattino presto siamo già pronti per proseguire la pista fino al confine con il Cile, superiamo il piccolo posto di frontiera ma effettuiamo le pratiche doganali solo all’arrivo a San Pedro de Atacama. Due ore o poco più per l’ingresso in Cile, controlli molto accurati alle auto per verificare che non trasportiamo alimenti, quindi giungiamo nel centro cittadino dove troviamo un piacevole e rilassante hotel con camere immerse nel verde di un ampio giardino. La prima differenza che notiamo tra i due paesi è la qualità delle strutture alberghiere, dei ristoranti, delle strade. Il Cile ha uno standard più elevato rispetto alla Bolivia, ma anche i costi sono superiori, e non di poco.
Nelle prime ore del mattino partiamo verso nord per raggiungere i geyser di El Tatio, un luogo sperduto tra le montagne che è reso famoso da questo fenomeno naturale presente anche in Islanda. Arriviamo prima all’alba, il freddo è davvero pungente costringendoci a restare in auto fino al sorgere del sole. Ci troviamo in uno dei campi geotermici più grandi del mondo con oltre ottanta geyser attivi, uno spettacolo da togliere il fiato, ma per alcune popolazioni locali, come gli Aymara, dietro a questi potentissimi getti di vapore si cela in realtà un dolore. Secondo un’antica leggenda, infatti, i geyser di questo altipiano sarebbero gli “occhi” della Terra che, stanca dei continui sconvolgimenti naturali come eruzioni e terremoti, “piange” lacrime bollenti rivolte verso il cielo.
Lasciamo questo interessante sito e rientriamo a San Pedro ma poi proseguiamo per il salar de Atacama, una vasta distesa di sale cosparsa di piccoli laghi fortemente salati e popolati da tre diverse specie di fenicotteri che si rispecchiano nell’acqua, la cui presenza non deve tradire l’aspetto “cattivo” di questo deserto, quest’ultima infatti è talmente salata, da risultare imbevibile per l’uomo. Acqua colorata di rosso dalla presenza di un’alga, mentre il bianco è invece dato dal sale che incrosta il terreno.
Illuminando dolcemente le vette tra i 5000 ed i 6000 metri, il sole ci saluta velocemente, lasciando il posto ad uno spettacolo di colori mozzafiato, rientriamo quindi a San Pedro per l’ultima notte in territorio cileno. Al mattino dopo le formalità di frontiera, rientriamo nuovamente in Bolivia e percorriamo la stessa pista che avevamo effettuato nei giorni precedenti fino a raggiungere la Laguna Colorada. Altra sosta fotografica prolungata, del resto come è possibile rimanere insensibili davanti ad un simile spettacolo della natura? Centinaia di scatti, non verremmo più partire, il mio amico fotografo Giba è folgorato da tale bellezza e già pensa lla preparazione di un libro fotografico solo su questo luogo. Alla fine, sopraffatti dall’emozione ed entusiasti, ripartiamo verso nord proseguendo su una pista che sfiora i 5000 metri di altitudine. Passaggi non facili in montagna, in alcuni casi per la presenza di neve e fango, ma le nostre auto 4×4 non si fanno intimorire e dimostrano in ogni occasione le loro doti fuoristradistiche. Raggiunta la cittadina di Uyuni ci godiamo finalmente un hotel confortevole con belle camere e dotate di ogni comfort. Non eravamo più abituati a un tale “lusso”, dopo alcune notti trascorse in semplici rifugi, ma estasiati dalla bellezza dei paesaggi che via via ci circondavano durante la guida.
Ora il nostro itinerario comincia a diventare meno denso di emozioni, gli aspetti più affascinanti del viaggio sono già alle spalle ma archiviati nel nostro cuore e nella mente, oltre che nelle schede di memoria delle fotocamere.
Un lungo trasferimento stradale ci riposta a La Paz e da qui, senza entrare in città, proseguiamo per il Lago Titicaca, ultimo luogo d’interesse del viaggio. Questo lago, a quasi 4000 metri di altitudine ai confini tra Bolivia e Perù, è stato nel passato un luogo sacro per gli Inca ed e` al centro di una zona altamente suggestiva, sia per ragioni archeologiche sia per ragioni antropologiche. Per cominciare, il Titicaca è il lago navigabile più “alto” del mondo: 3.800 metri. E’ lungo 150 km e profondo 300 metri. L’acqua è di un azzurro puro e splendente. Lo scenario naturale, fra i picchi delle Ande, non potrebbe essere più romantico. Dedichiamo la giornata alla scoperta di alcuni villaggi che si affacciano sulla riva del lago e alla sera ci lasciamo stuzzicare dalla cucina di pesce di un ristorante locale. Il viaggio è ormai all’epilogo, ci attende durante il trasferimento finale solo un sito di grande importanza prima di ritornare a La Paz.
E’ il complesso archeologico di Tiwhanaco, ribattezzata così dagli spagnoli. E’ ormai assodato che questo fu un centro religioso che servì per secoli un vasto impero. Non si sa nulla di quelle genti pre-incaiche, che infatti vengono semplicemente chiamate “cultura di Tiahuanaco”, ma il loro regno si estendeva dal Cile settentrionale fino al Perù meridionale, e la sua importanza era dovuta al fatto di essere situato al centro del commercio andino. Si tratta di uno dei monumenti più antichi delle Americhe. La città di La Paz ci attende, dopo migliaia di chilometri densi di emozioni ritorniamo alla base di partenza ma abbiamo ancora del tempo da dedicare alla visita di questa sorprendente città e dei suoi contrasti. Clelia Nocchi