La città di Pushkar, nella quale non si mangia carne, non si beve alcool e non si consumano droghe, situata nella regione del Rajastan è tra le più antiche e seducenti dell’India. Luogo di pellegrinaggio menzionato nelle scritture induiste è nel cuore di tutti gli indù che vi si recano almeno una volta nella vita. Il mese di Kartika o Damodara, che corrisponde ad un periodo variabile tra ottobre e novembre, secondo il calendario lunare vedico è il mese spirituale per eccellenza e viene celebrato in tutta l’India offrendo preghiere alle divinità.
Ogni anno, in questo periodo, Pushkar accoglie migliaia di credenti che qui giungono per rendere omaggio al dio Bramha, il creatore dell’universo nel pantheon induista, presso l’unico tempio a lui dedicato. Il tempio è riconoscibile dalla rossa guglia e dall’oca simbolo del dio, ma l’indicatore più evidente è l’interminabile coda di persone che si forma ogni giorno davanti all’entrata. Pushkar, è considerata la città sacra come sacro è il suo lago dove le sue bianche case si riflettono.
Si narra che lo specchio d’acqua sia nato da uno dei tre petali di fiore di loto caduti dalle mani di Bramha durante la lotta con il demone Vajra Nabha. Circondato da 52 ghat, le scalinate che scendono alle acque, rigorosamente da percorrere a piedi nudi, portano il nome delle famiglie reali che li hanno costruiti o restaurati. Dieci di questi sono considerati monumenti nazionali, come il Varaha, dove è apparso Vishnu nell’incarnazione di un cinghiale. Il Brahma ghat, dove il dio si bagnava o il Gau ghat dove sono state sparse parte delle ceneri del Mahatma Ghandi.
Le acque del lago sono pari a quelle del Gange e racchiudono proprietà benefiche. La storia dice che il re Rajput Nahar Rao Parimar, durante una spedizione di caccia giunse al lago seguendo un cinghiale bianco. Avendo sete immerse la sua mano per dissetarsi e rimase stupefatto nel vedere la pelle guarire dalla malattia cutanea che lo affliggeva. Il re a seguito dell’evento avviò subito i lavori per il miglioramento del bacino. Grazie a questa credenza la folla che arriva a Pushkar attende il giorno di Kartik Poormina, il giorno del plenilunio, per immergersi nelle acque sante e purificatrici. In quella notte di fede sotto la luce argentea della luna piena, il lago Sarovar assicura sia l’espiazione di tutti i peccati che la disinfezione di malattie.
In concomitanza con la grande festa religiosa si svolge quella per cui la città è nota nel mondo, ovvero il “Camel Fair”. Un grande raduno di uomini e animali che richiama migliaia di visitatori. Alla fiera più grande dell’Asia arrivano in maggioranza dromedari, ma anche cavalli, bovini e ovini accompagnati dai loro allevatori per essere venduti e acquistati. Un mercato policromo in un’atmosfera d’altri tempi. Ineguagliabile, che si svolge nella zona periferica della città. Le vie centrali invece pullulano di bancarelle colme di merce di ogni genere, animate da colori, odori, suoni e da una moltitudine di personaggi singolari, di scene inconsuete, alcune affascinano altre inorridiscono.
Bovini, bambini e adulti con deformità fisiche ostentate ed esposte alla devozione e alla caritatevole generosità delle persone, situazioni tanto forti verso le quali è difficile alzare sia lo sguardo che la macchina fotografica. Ragazzine dalla pelle tinta con l’intenso colore azzurro tipico di Vishnu, incantatori di serpenti, musici, Sadhu veri e Sadhu falsi, e un’infinità di mendicanti, tutti alla ricerca di qualche rupia. Meritevole di una sosta, icona di Pushkar, che spopola sul web, è il negozio del mitico Baba Sen. Passato alla storia come il “barbiere cosmico”, lui purtroppo è deceduto da qualche mese ma la sua eredità è nelle mani del figlio capace ancora di far provare brividi spaziali.
All’interno della grande arena poco fuori della città, vicino alle giostre, si svolgono spettacoli e gare di ogni sorta, i baffi più lunghi, la decorazione del dromedario più eccentrica, il cavallo più bello, balli della tradizione e poi ci sono tanti ma tanti fotografi da tutto il mondo. Poco importa, Pushkar è tanto magica che riesce a catturarti anche così. E’ un incanto osservare i cammellieri nelle attività quotidiane. Sia nelle fredde mattine ai primi bagliori rosati dell’alba, quando le donne accendono il fuoco davanti al loro bivacco e i bimbi fanno capolino da improbabili giacigli mentre gli uomini si occupano dei loro animali, sia al tramonto quando ormai le contrattazioni di compravendita sono giunte al termine e le famiglie si preparano per la notte.
Gesti antichi per noi, normali per loro, che li compiono noncuranti di un contesto affollato da moderni obiettivi e dagli ultimi e costosi modelli di apparecchi fotografici. Essere accompagnati da qualcuno che parli la loro lingua, fa la differenza, poter instaurare un contatto seppur fugace è arricchire il proprio animo. Sedersi intorno al fuoco, condividere un tè o una sigaretta, ascoltare le loro storie……..vengono dal deserto, alcuni hanno percorso anche cento chilometri con i loro animali a piedi o con i carri.
Fare buoni affari deciderà della durezza dei giorni che verranno, segneranno un anno intero nel bene e nel male. I loro volti rischiarati dal riverbero delle fiamme sembrano emergere da un mondo ancestrale nel quale si entra in punta di piedi per la paura che tutto si dissolva con il calar del sole. Clelia Nocchi